Il 31 marzo 2021 è partito anche in Italia Google News Showcase, un nuovo servizio di Google per mobile che permette di leggere le notizie dei nostri quotidiani preferiti anche con accesso a contenuti riservati agli abbonati.
Google News Showcase è una sorta di edicola virtuale. Questo nuovo servizio è frutto dell’accordo che gli Editori italiani hanno stipulato con BigG, una partnership già iniziata in varie parti del mondo come Francia, Brasile e Australia e che permette ai grandi quotidiani italiani di pubblicare contenuti giornalistici ricevendo in cambio una remunerazione dal colosso statunitense.
Al momento in Italia l’accordo è stato firmato da 14 gruppi editoriali e 76 pubblicazioni tra nazionali e locali.
Le aziende firmatarie sono RCS Media Group, Sole 24Ore, Gruppo Monrif, Caltagirone Editore, il Fatto Quotidiano, Libero, Il Foglio, Il Giornale, Il Tempo, Ciaopeople, Edinet, Gruppo Corriere, Citynews e Varese web.
ESEMPI DI PANEL GOOGLE NEWS SHOWCASE
Quali vantaggi per lettori ed editori?
Grazie a Google News Showcase, un lettore può usufruire di contenuti che prima erano riservati esclusivamente ai titolari di abbonamento. Questo sembra essere il vantaggio maggiore che questo servizio porta a chi lo usa.
Per gli editori i vantaggi rilevanti sembrano essere sostanzialmente due:
- Il pagamento che Google riconosce agli editori per mostrare i loro contenuti in Showcase
- L’utilizzo, da parte degli utenti, di un servizio paywall di Google per accedere a contenuti selezionati a pagamento.
Posizionamento degli articoli. La SEO è salva.
Un aspetto tecnico molto importante di questo accordo riguarda il posizionamento organico dei giornali titolari degli accordi e presenti su Google News Showcase.
Queste testate sono favorite a discapito degli altri? La risposta è no.
Google già al momento della sottoscrizione dell’accordo ha confermato come gli editori non saranno favoriti per quanto riguarda la SEO. In poche parole, le notizie che rientrano nei panel di Google News Showcase non avranno un miglior ranking nella SERP rispetto alle altre. Quindi nessuna differenza per chi ha sottoscritto l’accordo.
Quanto paga Google agli editori?
Le cifre degli accordi tra Google e gli editori non state ancora rivelate. Al momento sappiamo che Google paga gli editori con una quota fissa mensile che varia a seconda dell’importanza del quotidiano.
Questo aspetto è stato “scoperto” dopo una ricerca esclusiva realizzata da Reuters in Francia, uno dei primi paesi europei che ha aderito al servizio di Google.
Da questa inchiesta è emerso come quotidiani di primo livello tipo Le Monde o Le Figaro, per citarne alcuni, percepiscano circa 1,3 milioni di dollari all’anno. Altri 121 piccoli quotidiani nazionali e locali per esempio, arrivano a intascarsi poco più di 13 mila dollari ciascuno.
In tutto Google versa per il suo accordo agli editori francesi 76 milioni di dollari all’anno a cui somma una “quota aggiuntiva” per la vendita degli abbonamenti tramite piattaforma Google. A questo punto per aumentare la remunerazione, i grandi quotidiani d’oltralpe, come emerge sempre dalla ricerca di Reuters, hanno chiesto a Google di aggiungere altri 36 milioni di dollari all’anno sulla base di accordi rimasti al momento sconosciuti.
Leggendo questi dati, Google News Showcase sembra più una “tregua” firmata tra Google e gli editori che un vero e proprio aiuto concesso agli stessi. Il pagamento per lo sfruttamento dei contenuti è sicuramente un passo in avanti ma Google allo stesso tempo mantiene ben saldo il controllo (lasciando poco margine di negoziazione) sui termini di pagamento.
In poche parole come a dire “ti pago adesso e con un contributo fisso, per non doverti pagare di più (e con costi variabili) in futuro” per lo sfruttamento degli articoli tenendo in considerazione l’Articolo 15 della Direttiva Europea sul Copyright in relazione all’uso delle pubblicazioni giornalistiche online.
Quest’ultimo punto è infatti fondamentale. Citando ancora l’accordo con gli editori francesi e il sindacato APIG (e si presume a questo punto che sia stata introdotta anche nell’accordo con gli editori italiani), BigG ha inserito una clausola che prevede il pagamento una tantum di una quota di circa 10 milioni di dollari in cambio dell’impegno a non citare in giudizio la compagnia di Mountain View per violazioni del copyright nell’arco di tre anni.
Una tesi che avvalora e certifica la “posizione dominante” che Google mantiene nell’accordo e svela anche quale fosse il suo vero obiettivo.
Vittoria a metà
L’accordo firmato con Google News Showcase sembra quindi una “vittoria a metà” per il mondo del giornalismo italiano e mondiale. Certamente vantaggioso sotto l’aspetto economico per quanto riguarda i grandi editori, un po’ meno sempre dal punto di vista remunerativo per quanto riguarda i piccoli quotidiani.
Il problema è che troppi aspetti (e categorie) sono stati toccati solo marginalmente da questo accordo.
C’è una categoria, verrebbe da dire fondamentale, che resta totalmente fuori da questo accordo: i giornalisti. Infatti proprio per chi scrive gli articoli, li seleziona (considerando che uno degli obiettivi dichiarati da Google è quello di tutelare il giornalismo di qualità) e gli dà visibilità, non è prevista al momento nessuna remunerazione.
L’allarme era stato lanciato anche da Stampa Romana con un articolo lo scorso 7 aprile, evidenziando come non sia accettabile che le scelte economiche di questo accordo “non abbiano un ritorno immediato per le giornaliste e i giornalisti italiani che con il loro lavoro, spesso sottopagato, contribuiscono allo sviluppo delle imprese editoriali e della stessa democrazia”.
I lavoratori anche questa volta vengono lasciati fuori nonostante diano un contributo essenziale allo sviluppo delle imprese editoriali.
Un’altra categoria “ai margini” dell’accordo è quella dei piccoli editori. Come sottolineato in precedenza, nel caso specifico dei piccoli quotidiani francesi, la remunerazione riservata alle testate locali è davvero esigua (13 mila dollari all’anno). Inoltre emerge come Google in questo accordo abbia ammesso a farne parte solo grandi testate generaliste lasciando fuori gli editori più piccoli e strettamente legati al territorio.
Non retribuendo direttamente i giornalisti e lasciando solo le briciole alle piccole redazioni, Google con questo accordo mantiene pressoché invariata la posizione dominante sua, nei confronti degli editori, e degli editori nei confronti dei giornalisti.